Le favole italiane

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Le rughe della vecchina


La donnina si era girata, si era guardata attorno credendo di non essere vista e aveva messo sul davanzale due soldini.

Poi aveva richiuso il piccolo borsellino amaranto nella borsa e si era incamminata lungo i portici.

In verità io la stavo guardando da un pezzo: ero uscito dall’ufficio forse un po’ troppo presto e mi ero messo a seguirla.

Già il suo atteggiamento mi aveva fatto credere a qualcosa d'insolito perché allo sportello aveva chiesto una stellina.

- No! - gli aveva detto il burbero impiegato - qui le possiamo dare informazioni sulla sua pensione o su i suoi contributi. Qui non regaliamo stelline e non vendiamo sogni! A noi interessa solo la realtà nuda e cruda! -Io gli ero dietro e lui non se n'era accorto.

Così avevo sentito anche la risposta, forse un po’ affrettata del collega, e guardato attentamente la vecchia signora: i capelli bianco-argento le incorniciavano un viso dolce attraversato da tutte le rughe del mondo e i suoi occhi corvini, sempre attenti e in movimento, nascondevano un'enorme energia interna.

Subito mi erano venuti in mente i pescatori della Riviera e le migliaia di solchi che percorrono i loro visi abbronzati e bruciati dalla salsedine.

Con quest’idea non mi ero allontanato da lei: le avevo guardato le scarpe consunte forse dal tanto cammino e quelle piccole gambe che le spuntavano dalla veste.

Allora l’avevo vista attraversare rapidamente la piazza senza accorgersi di me e portarsi verso l’altro ente pubblico che sta proprio di fronte.

Era entrata, s’era avvicinata al commesso e gli aveva rivolto la stessa identica domanda che aveva fatto al mio collega:

- Scusi, dove posso trovare una stellina? - aveva detto con la voce più dolce che abbia mai sentito e l’espressione più serena di questo mondo.

Il commesso, che era allegro e aveva voglia di scherzare, l’aveva allontanata con una risata forse non credendo alle proprie orecchie e, in sé, fissandosi bene l’episodio per poi raccontarlo a casa e riderne ancora di più.

L’ilarità del brav’uomo non aveva fatto però desistere la vecchina che aveva fatto la stessa richiesta all’uomo a fianco e alla signora che stava prendendo il numero e non avuta risposta era uscita dall’edificio, aveva fatto alcuni passi, si era girata, aveva aperto il borsellino amaranto, depositato altri due soldini sul davanzale e ripreso il cammino.

Beh! Sapete come ci si trova in queste occasioni: la curiosità e la voglia di saperne di più mi aveva messo le ali ai piedi così da non sentire alcuna fatica e seguire da vicino la strana vecchina.

Intanto lei aveva già distribuito tanti soldini: li aveva messi sulla pompa del diesel quando era andata dal benzinaio, posati tra le orecchie di un somarello di peluche quando era entrata in quel negozio di giocattoli e di nuovo li aveva lasciati sul bancone del bar facendo rimanere di sasso il vecchio barista.

Poi aveva fatto il corso pieno di negozi, preso un vicolo e si era allontanata nel Centro Storico inghiottita da quel dedalo inestricabile di viuzze e piazzette.

Adesso non vi so dire quanto tempo sia passato da quel giorno d’estate.

Oggi, in questa fredda serata d’inverno, mi è ritornata in mente quella vecchina: ad improvviso ho visto dal venir giù una fitta pioggia di stelline, scendere rapida come un autentico diluvio; coprire velocemente tetti e terrazzi dei palazzi, spargersi là dove i vecchietti danno da mangiare ai pochi piccioni infreddoliti e inondare i cortili dove i bambini giocano intirizziti.

E, mentre questa strana bufera lucente fa brillare tutta la città come un albero di Natale vedo i vecchietti chiamare a raccolta nipoti e bambini e cominciare un’allegra distribuzione di stelline.

Così la fitta pioggerella si trasforma nel gioco più strano che io abbia mai visto: tutti si passano, si lanciano, raccolgono e fanno fasci di stelline.

Nessun nota che, in tutta quella follia di luci, una figura si allontana con passo fermo sulle gracili gambe, col viso sorridente e tanta felicità....


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